«Il mio inserimento nella Sede centrale, quasi coincise con il suo trasferimento ad altri incarichi: c'era un cambio di direzione in fieri, da Sergio Lepri a Bruno Caselli; l'Agenzia cambiava assetti e referenti. [...] L'ANSA non aveva presenze diffuse e adeguate nell'Est Europa. E Annibale, da cronista senza remore e senza supponenze, partì, a più riprese, per la Romania, per la ex Jugoslavia, specialmente per il Kosovo, raccontando quello che vedeva di quello che succedeva, parlando con i protagonisti di quelle convulsioni difficili da decifrare, mandando pezzi che erano sempre un passo avanti rispetto alla cronaca di giornata. Mi capitò, un giorno, d'incontrarlo sul portone dell'ANSA: io uscivo, lui era appena tornato, credo dal Kosovo. "Come andavano i pezzi?", mi chiese, come se toccasse a me giudicare il suo lavoro, solo perché lui stava sul campo e io dietro una scrivania. "Bene, molto bene". Sorrise, con il lampo di ironia che spesso gli accendeva lo sguardo: "Bene. Allora ci torno", disse. E lo fece, più volte. Riuscendo sempre a coniugare il rigore e l'attenzione dell'impegno della professione con la cultura e l'umanità che lo contraddistinguevano.» (Gianpiero Gramaglia)