"L'anima animale" è, prima di tutto, un libro di incontri tra umani e altre specie. C'è la storia di un bambino che si addormenta con il suo golden retriever, e quando si sveglia dice alla madre che il suo cuore "è nel cane". Ci sono quella di una piovra che avvolge nei suoi tentacoli un biologo marino che, superato lo spavento iniziale, nuota con lei, e quella dell'erpetologo che, per più di dieci anni, segue un crotalo nelle sabbie del deserto. O, ancora, c'è quella del ragazzino, affetto da autismo, che frequenta un maneggio e comincia a parlare dicendo "cavallo"... Da migliaia di anni, gli animali sono i nostri compagni di viaggio, che arricchiscono le nostre vite e popolano i nostri sogni. Eppure, soprattutto a partire dalla Rivoluzione industriale, li abbiamo sfruttati senza pietà, una delle manifestazioni più evidenti di quell'atteggiamento che considera la natura come un serbatoio da cui attingere e in cui sversare i nostri scarti. Questo paradigma, che pure ha consentito di migliorare le condizioni di una parte importante della popolazione mondiale, ha causato una serie di impatti - primi fra tutti i cambiamenti climatici e la distruzione della biodiversità - che impongono un deciso cambio di prospettiva. Secondo Richard Louv, questo passaggio è possibile solo ritrovando quella connessione profonda, antica, che ci lega agli altri esseri viventi. Per riuscirci - oltre a riprogettare le nostre città in modo da accogliere (anche) le specie selvatiche - dobbiamo praticare quello che Louv chiama "antropomorfismo critico", un processo che intrecciando immaginazione, conoscenze scientifiche, emozioni e saperi tradizionali, ci consente di "diventare animali" e imparare da loro, per acquisirne la saggezza e lasciarci trasformare dal loro mistero. E, nel contempo, ci permette di uscire dall'"era della solitudine" in cui stiamo vivendo, e che così tanti guasti sta provocando.