Cosa distingue il rito del solco e le altre tradizioni contadine di Castel Morrone dalle tante consuetudini rurali dell'entroterra casertano? Cosa le rende uniche e nuovamente disponibile alla narrazione del contemporaneo? Nella primavera del 1975, il giovane Giovanni Tariello riprendeva i contenuti profondi del rito del solco per trasformarlo in un happening concettuale nei giardini della Flora di Caserta. Così lo scavo tracciato nella terra, attività propiziatoria e devozionale, diventava il "solco rosso" che attraversa il globo terrestre proiettando il significato rituale su scala planetaria. L'anno successivo recuperava nuovamente quel rito e tracciava il solco nel luogo deputato, a Castel Morrone. Successivamente ripeteva l'esperimento con altre pratiche, tutte di origine contadina: la Zeza, I dodici mesi, l'infiorata del Corpus Domini, Il volo, ma anche il lancio dello strummolo, la campana, in gergo 'U tizzù, o le cene contadine, portando fisicamente i contadini e le tradizioni morronesi nelle gallerie d'arte, riscuotendo consensi e riconoscimenti da parte della critica militante e in particolare di Enrico Crispolti, uno dei massimi storici dell'arte italiana. Infine, dando ad un paesino di pochi abitanti una visibilità internazionale, ritrovo di personaggi di spicco dell'arte contemporanea.