Di fronte a frammentazioni sociali, a rimodellamenti culturali, economici e politici di portata planetaria che impattano nella vita quotidiana degli individui, la città è inquieta. I cittadini fronteggiano trasformazioni non volute e a volte inattese, alcuni costruendo nuovi immaginari sociali inclusivi delle diversità; altri, al contrario, chiudendosi alla presenza dei migranti e guardando nostalgicamente al passato. A Roma come a Parigi, le periferie o le banlieue tentano con difficoltà, a volte attraverso la violenza e la rivolta, di reagire a forme di marginalità accelerata nella città postfordista. Lo iato tra l'azione sistemica di poteri globali, il capitale finanziario e politiche neoliberiste, da una parte, e individui e gruppi e le loro esigenze di democrazia dall'altra, appare difficilmente colmabile dalle istituzioni odierne locali e nazionali. Sperimentando nuove socialità e pratiche inclusive, diverse azioni collettive tentano di ricostruire un tessuto sociale che includa i migranti, che riproponga unità e partecipazione nel quartiere, cura dei beni pubblici e gestione degli stessi. Attraverso nuove formulazioni del "bene comune", gli attori ripartono dalla scuola, dal quartiere, dal cinema o dal teatro, proponendo forme di gestione e cura a volte sussidiarie e di supporto delle istituzioni, altre volte di alternativa a esse. L'inquietudine della città conduce allora a tentativi di rafforzamento, rigenerazione o di creazione di nuove istituzioni.