Se ogni periodo dell'anno portava con sé lavori che si ripetevano con regolarità, era in inverno che la stalla diventava, oltre a domicilio degli animali, anche salotto del contadino. Un luogo dove era possibile scaldarsi grazie alla temperatura resa più mite proprio dal fiato e dai corpi delle bestie, e dove ci si poteva riparare quando la temperatura esterna arrivava anche a 10-12 gradi sotto lo zero. Era nella stalla che si costruivano e si riparavano gli attrezzi e gli strumenti di lavoro quotidiano, dove le donne filavano la lana, e i bambini si divertivano a sentire le storie, vere o inventate, raccontate dagli adulti. Un micromondo di cui ormai stentano a resistere anche minime tracce: il progresso, o ciò che si definisce tale, avanza a grandi passi cancellando la storia di intere generazioni. Erio Bernard, lontano dal voler fare letteratura nostalgica, insiste a descrivere niente di più di quello che lui ha visto e vissuto: lo fa utilizzando la lingua madre, il dialetto bellunese, che per comodità di lettura è stato affiancato dalla traduzione in italiano.