"Non conoscevo i cigni finché non ho iniziato a frequentare uno dei laghi più noti d'Italia. La consuetudine dell'osservazione, la conseguente conoscenza dei comportamenti degli anatidi nelle diverse fasi della vita, persino la condivisione delle loro sventure hanno sollecitato la mia curiosità, che ha trovato un appagamento fantasioso nel mondo colmo di prodigi della mitologia greca. Questo breve testo consiste in una sorta di rivisitazione parziale dei miti che vedono la presenza simbolica, metaforica o magica dei cigni; alcuni racconti sono più fedeli di altri alle narrazioni mitiche che, come spesso accade, hanno diverse versioni. Ho utilizzato inoltre tre passi risalenti ai dialoghi di Platone, in cui l'autore tratta degli anatidi in modo originale. Le fonti mitologiche recuperate non superano la decina. I miti a cui ho attinto non possiedono significati morali e, come direbbe E. Cassirer riferendosi ai miti in generale, essi rappresentano delle modalità di rielaborazione dei dati dell'esperienza, fondata sulla percezione, funzione essenziale per relazionarci col mondo e con noi stessi. La percezione, ovvero l'attività dei nostri sensi, dà una forma all'esperienza e crea un mondo. Nel nostro caso l'attività percettiva chiama la bellezza e consente, con l'aiuto della ragione, la comprensione della trasformazione incessante a cui è sottoposta la vita. Sovente il cigno è la forma in cui l'eroe viene trasformato per sfuggire alla morte o per acquisire uno stato migliore: l'eroe non termina l'esistenza, ma vive in un altro modo o in un modo migliore: la bellezza diventa produttrice di salvezza. Il cigno di cui parlano invece i filosofi è metafora della trasformazione intellettuale di chi cerca di raggiungere il sapere compiendo una ricerca che porta al bello e al buono, per i greci non disgiungibili. Il cigno collega il mondo umano, o quello dell'eroe, con quello divino. L'animale privilegiato da Apollo è quindi consacrato alla musica, all'armonia, alla grazia, a tutte le arti e, in definitiva, alla bellezza. La trasformazione in animale di uomini, di eroi e di divinità è presente in moltissimi miti con finalità o fantasie poetiche molteplici. L'assunzione della forma animale sottolinea la fratellanza fra i viventi, condivisa persino dalle divinità greche antropomorfe. Non solo gli uomini ma anche gli dei possono assumere la forma di esseri viventi casualmente diversi, ma non meno umani.