Parole che separano, che discriminano, parole d'odio: sono quelle che invadono da sempre il linguaggio pubblico e comune. Dopo un'analisi storica del passaggio dalla lingua dei regimi a quella della Repubblica, Marilisa D'Amico si concentra, con la lente della costituzionalista, su differenti ambiti del linguaggio discriminatorio: la "discriminazione invisibile", cioè la sistematica esclusione dell'universo femminile dalla lingua, anche giuridica e istituzionale; la discriminazione più forte, costituita dal hate speech, così pericoloso per i diritti individuali e reso più pervasivo dalla viralità dei social network; la discriminazione del linguaggio non verbale e delle immagini, che contraddistingue il mondo della comunicazione e della pubblicità; infine, la più recente e insidiosa, quella del linguaggio algoritmico. Emergono interrogativi che mettono in luce il rapporto tra lingua e diritto, come il delicato equilibrio tra il principio di eguaglianza e i limiti alla libertà di espressione, tra la promozione di un linguaggio inclusivo e l'imposizione "dall'alto" dei cambiamenti di linguaggio.