È il 23 febbraio 2020. A Nembro, piccolo centro della Val Seriana, i pensieri di tutti sono occupati dagli ultimi ritocchi per la sfilata di Carnevale. Ma la sfilata non si farà e i pensieri, da quella sera e a lungo, saranno indirizzati a fronteggiare la minaccia più grande di sempre: la pandemia da COVID, in cui Nembro si troverà a detenere il primato di Comune italiano con la più alta percentuale di morti, una vittima ogni sessantuno abitanti. Eppure, quella raccontata qui a due voci dal sindaco e dal giovane prete che si trovarono a guidare la traversata della tempesta non è una storia di ricordi dolorosi, e neppure un bilancio di come un paese si è guadagnato la sopravvivenza. È invece il racconto di come la solitudine, la paura, il lutto hanno rivelato e modellato una comunità. In modo spesso ingegnoso (e lo testimoniano i tanti aneddoti riportati in questo libro), con semplicità e generosità, ognuno ha fatto la sua parte per sopperire alla mancanza di aiuti, per soccorrere chi era in difficoltà, per creare reti di servizi e relazioni. Perché, come presto imparano a dirsi l'un l'altro a Nembro, nessuno si salva da solo, nessuno vive da solo. E dall'emergenza nascono poi anche cose nuove che acquistano risonanza: concerti, festival, eventi che richiamano artisti e personalità in questo paese di poco più di undicimila abitanti. Una prova di resilienza che diventa rinascita, che non dimentica le perdite e le cicatrici, ma le rende eredità, terreno buono per la crescita di senso per sé e per la comunità in cui si vive.