Era il 1986, anno dell'incidente nucleare alla centrale di Chernobyl, quando Ulrich Beck pubblicava il suo capolavoro, La società del rischio, tradotto in trenta lingue e considerato oggi un classico della sociologia contemporanea, un libro capace di cambiare il modo in cui l'umanità legge il mondo. Una descrizione della modernità che nel corso dei decenni successivi Beck ha sentito la necessità di aggiornare: dall'11 settembre 2001 in poi, infatti, è apparso chiaro come la dimensione globale del rischio riguardi davvero tutti noi. Terrorismo, crisi economiche e finanziarie, conflitti, cambiamento climatico sono fenomeni sempre più totalizzanti, ma questo mutamento di proporzioni non è l'unica novità: Beck sottolinea anche come il pericolo sia oggi costantemente «messo in scena», sfruttato per fini politici. Il risultato è che la paura è diventata uno stile di vita, la conditio humana del XXI secolo, in cui i valori della libertà e dell'uguaglianza sono sostituiti dalla sicurezza. La sua analisi, però, non si limita a rilevare i problemi, ma propone anche una soluzione per uscire da questa situazione: una Realpolitik illuminata e cosmopolita, pienamente in grado di affrontare il futuro sulla base di una nuova consapevolezza.