La cultura è un bene di lusso? La nostra classe dirigente non ha dubbi: non si mangia e quindi non serve. O, secondo altri, è bella e utile ma non possiamo permettercela. Risultato bipartisan: tagli su tagli, dal 2,1 per cento della spesa pubblica nel 2000 allo 0,2 di oggi, e un'Italia avvitata nella più infelice delle decrescite. E invece si dà il caso che la cultura sia, ovunque, il motore dello sviluppo, come dimostra questo pamphlet documentato, battagliero, propositivo. Gli autori sfatano miti tossici: non è vero che il nostro Paese può vivere di passato e di "patrimonio artistico". Forniscono coordinate utili: dal 2007, in piena crisi, l'occupazione nelle industrie culturali italiane è cresciuta in media dello 0,8 per cento l'anno. Analizzano esempi virtuosi, dal New Deal alla rinascita di Bilbao, dal miracolo artistico della Ruhr alla riscoperta scientifica di Trieste. E offrono idee concrete per una rivoluzione della struttura produttiva del Paese, un progetto di sviluppo fondato sulla conoscenza. Spunti indispensabili per la classe politica, che ha il compito di guidare fuori dalla crisi un Paese sempre più confuso, ignorante e (quindi) povero. Riusciranno, i nostri eroi?