Vista da vicino - come appunto fa Aime che quelle colline le conosce bene - l'esperienza storica dei Taneka rivela il complesso intreccio di mediazioni, resistenze e innovazioni che questo popolo ha saputo mettere in atto nel processo di costruzione della propria società. Un processo lungo che ha preso le mosse nel XVIII secolo, con un'alleanza stretta tra famiglie di origine diversa per difendersi dai razziatori di schiavi, e che non si è affatto limitato alla resistenza ma ha dato vita a regole, tradizioni e usanze in grado di legare tra loro appartenenze diverse. Smentendo i luoghi comuni che vogliono gli africani «tribali», questa concezione si dimostra quanto mai «moderna», soprattutto se confrontata con quella recrudescenza di localismi e nazionalismi basati sull'autoctonia, le radici e il legame tra terra e sangue cui assistiamo in Europa, questi sì tipici di una concezione tribale in cui si nasce detentori di diritti. Taneka, invece, si diventa: una grande lezione da un piccolo popolo che ha saputo sradicare i legami «naturali» e inventare nuove relazioni fondate sulla convivenza come scelta.