La riforma del Terzo settore - di cui il d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 costituisce il baricentro - ha segnato un netto punto di discontinuità rispetto alla tradizionale considerazione delle iniziative solidaristiche della società civile come fenomeno residuale rispetto all'intervento dello Stato e del mercato. La codificazione di un nuovo diritto degli Enti del Terzo settore, finalmente dotato di linee di disciplina autonome e uniformi, ha infatti fornito una precisa identità giuridica ad una realtà che per molti anni ha disposto di una matrice definitoria soltanto sul piano socio-culturale. Lo studio esamina le innovazioni legislative nella prospettiva lavoristica, con l'obiettivo di verificare le opportunità e i limiti di una riforma che ha istituito una catena di trasmissione stabile fra il mondo della produzione e quello delle attività senza scopo di lucro, sollecitando il diritto del lavoro ad allargare i suoi strumenti di tutela a modelli di organizzazione dell'attività umana diversi da quelli usualmente praticati nell'impresa commerciale. La disponibilità di un quadro normativo che ormai riconosce la piena maturità dell'economia civile nel sistema del diritto positivo permette di mettere in luce il fecondo intreccio tra le dinamiche evolutive del non profit e le trasformazioni del lavoro nell'epoca post-fordista, fornendo l'occasione per riflettere sulle aspettative di impatto occupazionale e di efficientamento dei sistemi di welfare che scaturiscono dalla nuova codificazione e dal modello di governance collaborativa che quest'ultima promuove per l'integrazione del Terzo settore nel processo di attuazione delle politiche sociali.