Nell'ultimo quarto del secolo scorso, Taranto venne annoverata tra le "città criminali": centosessanta omicidi insanguinarono infatti le vie della città e della provincia ionica, assimilandola alla Campania della camorra, alla Calabria della 'Ndrangheta o alla Sicilia di Cosa nostra. La feroce malavita che falcidiò tutte quelle vite non aveva tuttavia legami particolari con le grandi organizzazioni criminali, ma era legata soprattutto a famiglie malavitose. In particolare, la "cosca" di Antonio Modeo, detto il "Messicano", e dei suoi fratelli Gianfranco, Riccardo e Claudio, furono protagonisti di una faida feroce, una sorta di "ghenos" all'interno della famiglia dei Modeo, che vide i fratelli scannarsi fra di loro e uccidere perfino la propria madre, mietendo vittime anche fra gli accoliti dei due gruppi. Sullo sfondo Taranto, una città industrializzata ma mai davvero industriale, e protagonista in negativo anche il IV Centro siderurgico, lo stabilimento industriale più grande d'Europa, che con le sue esalazioni mefitiche di vittime ne ha mietute centinaia divenendo, per certi versi, anche un centro di malaffare e di politiche industriali che non tenevano in alcun conto la salute dei cittadini. Gli autori di questo libro, Nicolangelo Ghizzardi e Arturo Guastella hanno potuto osservare questa ecatombe da posizioni privilegiate. Il primo, Ghizzardi, all'epoca Sostituto Procuratore della Repubblica del Tribunale di Taranto, fu il magistrato che istruì un processo epocale, "Ellesponto", il quale, nei fatti, con una serie di pesantissime condanne, tagliò la testa della piovra che aveva allungato i suoi tentacoli su Taranto e sulla provincia ionica, restituendo alla Magistratura un'incisività di indagine e di giudizi che era stata sconcertatamente carente. Guastella, da giornalista, aveva raccontato l'intera vicenda, subendo pesanti minacce dai fratelli Modeo, l'un (Antonio) contro gli altri (Gianfranco, Riccardo e Claudio), pesantemente armati. Nel riavvolgere il filo "nero" di quel tristissimo periodo, gli autori si sono resi conto che il malaffare, fatto di intimidazioni, pizzi e omicidi, aveva fatto un salto di qualità e si era spostato dalla saga criminale dei clan Modeo a istituzioni pubbliche come la Provincia, la Marina Militare, ad avvocati disinvolti, a commissari dell'Ilva e, non tangenzialmente, anche alla stessa Procura della Repubblica del capoluogo ionico. Altre saghe criminali, dunque, ancora più pericolose perché in grado di piegare ai propri interessi le stesse leggi e la giurisprudenza, in un delirio di impunità che rende il racconto ancora più agghiacciante degli stessi omicidi. In questa nuova edizione, gli autori hanno anche intervistato l'ultimo sopravvissuto della famiglia Modeo, Gianfranco, raggiunto in una località segreta, dopo aver collaborato con la Giustizia. Questi, i racconti "paralleli".