Il Regno di Dio deve avere una importante continuità con la vita terrena non solo perché il Signore, che ha immolato la sua carne per gli uomini sia nella loro realtà di peccato che nelle loro migliori e legittime aspirazioni, non avrebbe certo potuto promettere all'umanità un Regno che si discostasse dal suo normale modo di intendere e desiderare la felicità, ma anche perché Egli vuole che tale Regno non cali semplicemente dall'alto, pur essendo ontologicamente ed escatologicamente pronto ab æterno, ma consegua anche ad una consapevole, libera e responsabile opera umana di collaborazione alla sua costruzione e al suo avvento. Ma il Regno deve altresì presentare, in linea con il concetto e il valore stesso della salvezza procurata da Cristo, anche un qualche significativo elemento di discontinuità rispetto alla nostra vita storica, in particolare per ciò che concerne la speranza di immortalità e di eterna felicità. Ecco perché quel che i cristiani realizzeranno in questo mondo avrà, agli occhi di Dio, un valore profondamente diverso a seconda che essi abbiano o non abbiano creduto intimamente nella rocciosa consistenza materiale e spirituale del suo glorioso ed eterno Regno.