Fin dall'antichità, il giardino è il luogo privilegiato dell'incontro tra creatività artistica e osservazione della natura. In Europa nel corso del Cinquecento il giardino diventò una palestra per la sperimentazione diretta sia in ambito estetico che sul piano scientifico. In tale luogo la natura era considerata fonte di diletto e oggetto di studio, non solo tramite le esperienze dei "filosofi naturali", ma anche grazie alle immagini destinate ai trattati di botanica o al collezionismo colto. Si sviluppò così una forma d'arte nella quale la rappresentazione naturalistica acquisì una funzione epistemologica, affermandosi come parte integrante del processo scientifico. La frontiera tra arte e scienza, così sottile nel periodo rinascimentale, tenne a scomparire completamente nel giardino: gli orti botanici o zoologici nascenti erano anche usati dagli artisti per la propria formazione; la moda delle grotte rustiche facevano eco in modo creativo al fervido dibattito attorno alla formazione della materia; le fontane, i giochi e gli scherzi d'acqua erano stimoli per lo studio dell'idraulica. I saggi raccolti in questo volume esplorano in modo innovativo la relazione dialettica tra le scienze naturali nascenti in epoca moderna e lo sviluppo parallelo del giardino come opera d'arte e oggetto di studio.