Il testo esamina le differenze tra le visioni antica, medioevale e moderna e concezione contemporanea della natura: questa è caratterizzata dal ritenere di poter fare della natura quello che si vuole, di poterla plasmare a piacimento, senza altri limiti che quelli della nostra fantasia. Ciò in quanto la relazione dell'uomo con la natura non è più rappresentativa (come era nell'epoca moderna), ma soltanto produttiva o causale. Questa concezione è criticabile su basi matematiche e scientifiche, sulla scorta delle opere di Mario Bunge, Mauro Ageno, Kurt Gödel e Alfred Tarski.