Dopo "Riproduzione" Ian Williams condensa in "Disorientamento" una serie di ricordi e ragionamenti sulla condizione dei Neri («In tutti gli anni in cui sono stato circondato esclusivamente da bianchi mi sono sentito intaccato e messo da parte, levigato e consumato dal contatto»), sulla scivolosità del concetto di bianchezza («Com'è facile diventare la bianchezza che vediamo tutti i giorni») e sulla pericolosità del linguaggio («Ho quasi sempre protetto la mia minuscola vita, anche se a volte le mie esperienze sono sottoposte al bagliore della teoria e dei termini, a parole come microaggressione e antirazzista»). Per ricomporre la propria identità Williams traccia un quadro eterogeneo che accoglie la sua famiglia - i genitori, la compagna asiatica, la nonna, il fratello, i nipoti, gli zii - e tutte le figure che hanno contribuito alla sua formazione (da James Baldwin a Audre Lorde, da Toni Morrison a Gayatri Chakravorty Spiv Claudia Rankine a W.E.B. Du Bois, da David Foster Wallace a Margaret Atwood, da Oprah Winfrey a Michael Jackson) sfaldando la forma del memoir tradizionale grazie alle sue doti più potenti, l'acume e l'ironia.