"Se tutti vanno via non rimane più nessuno a portare avanti la battaglia contro il fascismo". Con queste parole Dimitri, il figlio (nella foto) di Liborio Baldanza commenta la decisione del padre di non fuggire dal balcone di casa la notte tra il 13 e il 14 marzo 1944, quando quattro fascisti, con la polizia che aspettava in strada, andarono ad arrestarlo nella qualità di operaio della Breda di Sesto San Giovanni accusato di "Organizzazione e istigazione allo sciopero; atti di sabotaggio contro la Repubblica Sociale Italiana mediante interruzione della produzione". Decisione presa per non lasciare la moglie e il bambino nelle mani dei militi neri e poi in quelle dei tedeschi. Da quel momento il calvario di Libero (questo il suo nome di militante antifascista clandestino) non fu altro che lavori forzati per le SS nel campo di concentramento nazista di Mauthausen finalizzati alla sua soppressione fisica, nell'ambito del programma di "Eliminazione del Cancro della Lombardia". Morì nei pressi di Shwarzenbach il 3 aprile 1945 il terzo giorno della Marcia della Morte per il trasferimento in fuga forzata dalle SS da Hinterbruhl/Modling a Mauthausen.