Nel febbraio 1984 Tiziano Terzani viene arrestato a Pechino, perquisito, interrogato e infine espulso dal Paese. Per quattro anni vi ha risieduto, con moglie e figli, cercando di sentirsi veramente «cinese». Ha visto (e scritto di) cose assai diverse da quelle che apparivano agli occhi incantati dei turisti autorizzati; ha denunciato le immense contraddizioni del socialismo maoista; ha ammirato gli splendidi tesori di una cultura plurimillenaria insidiati da un dissennato culto del «nuovo» e, soprattutto, ha viaggiato, con tutti i mezzi possibili, uscendo dagli itinerari canonici e cercando di parlare davvero con i cinesi, con la gente. Ricco di notizie e dati, di considerazioni e impressioni, "La porta proibita" è al tempo stesso un reportage, un diario di viaggio, un saggio di sinologia e l'appassionante romanzo di un'avventura umana. «Volevo verificare la realtà di questo nuovo socialismo innestato in una civiltà così antica e così diversa. Ma volevo verificarlo davvero. E per farlo devi girare in bicicletta, e se vai in treno non devi andare sui sedili morbidi degli scompartimenti per i turisti ma su quelli duri dei vagoni normali e se c'è la guida che dice di andare a destra, tu devi trovare l'occasione e il modo di andare a sinistra, perché è là, a sinistra che c'è la storia».