«La lente usata dall'autore per provare a mettere a fuoco l'istituzione carceraria in Italia e i vissuti di chi vi si trova recluso, è quella particolare della religione e della spiritualità. Una chiave significativa e, credo, più capace di altre di introdurre alle pratiche e ai significati dello stare in carcere. Sono diversi, infatti, i legami tra carcere e sfera religiosa. (...) (...) per accostarsi al carcere, non si può prescindere dalla riflessione e da una "alfabetizzazione" sul ruolo che la religione e le religioni svolgono nelle nostre società "secolari", o meglio post-secolari. Ovvero società in cui appartenenze e pratiche religiose coesistono e interagiscono con la laicità delle istituzioni e con la non-religiosità di molte persone.» (dalla prefazione di Valeria Fabretti, sociologa e ricercatrice)