Per lungo tempo camminare a Parigi ha significato «prendere confidenza con l'infinità del mondo». Mercati grandi come quartieri, stazioni dalle enormi volte d'acciaio e un fitto reticolo di vicoli dove a ogni passo si celava la vertigine della scoperta. Era, quella Parigi, una città in grado di trasfigurare letterariamente ogni sguardo, e cambiare il corso di una vita. Accadde al pittore americano Edward Hopper, che nella capitale francese tornò più volte per forgiare il suo stile unico. E accadde a Nadja, giovane donna spavalda e spaesata che in un pomeriggio stanco d'ottobre incontrò su un boulevard l'uomo che l'avrebbe trasformata in un mito poetico, per poi abbandonarla sull'orlo della pazzia: André Breton. E accadde anche a Walter Benjamin, che con uno dei suoi scritti più mirabili la elesse definitivamente capitale del XIX secolo. Con disegni dall'immediata e durevole forza evocativa, e una prosa traboccante commozione, Frédéric Pajak appaia figure storiche e destini privati, convoca Charles Baudelaire e Frida Kahlo, grandi artisti e illustri sconosciuti, per comporre un inno d'amore a una città che «ha stremato di gioia e dolore migliaia di anime».