«Un testo di assoluta rilevanza. Un compito riuscito» (Frankfurter Allgemeine Zeitung) Sul treno, poco prima della frontiera del Brennero, salgono sei giovani. Tranquilli, sorridenti, sembrano tifosi al seguito della propria squadra. Non lo sono. A poca distanza da loro è seduta una donna. È cittadina italiana, vive a Berlino, ha nostalgia del proprio cane, ce l'ha con Wittgenstein. Sembra europea. Non lo è. Perché il suo sogno è un'Europa libera. È l'estate 2015, l'estate che ha cambiato l'Europa. Un corpicino senza vita, che le onde del mare hanno riversato su una spiaggia, apre gli occhi al Vecchio Continente sulla crisi epocale dei rifugiati, mettendo in moto un'inedita catena di solidarietà. Ricostruendo la sua storia personale di emigrata in Germania, in cerca di una voce e di un'identità, la sudtirolese Maxi Obexer si interroga sul significato di parole quali "integrazione" e "appartenenza" alla luce della propria esperienza in perenne bilico tra lingue, culture e sensibilità differenti. Racconta storie di migrazione, di fortezze erette e di muri crollati, dell'arbitrarietà che regola il destino di chi fugge e di chi si difende. A metà tra romanzo autobiografico e saggio, "L'estate che ha cambiato l'Europa" è un viaggio intimo e sofferto dentro il concetto stesso di identità, con una necessaria, quasi inevitabile appendice su un nuovo, drammatico punto zero chiamato Coronavirus.