Subito dopo la maturità Paola Moretti raduna i suoi averi in un furgoncino Volkswagen e approda a Berlino. Vi resterà, con qualche intermezzo, per un decennio, poi sarà di nuovo tempo di valigie - ora, però, colme di esperienze e consapevolezza. In quegli anni inizia infatti la sua formazione di scrittrice: la letteratura diventa un mezzo per dar voce ai suoi silenzi impacciati, al rimuginare, e anche al dolore del lutto che in questo periodo di crescita viene a bussare alla sua porta. E la lettura si rivela un esercizio di osservazione e introspezione, uno specchio per «avvicinarsi così tanto fino a entrare nella testa, sotto la pelle, dentro il corpo di qualcun altro. Allontanarsene abbastanza da poterlo osservare, decifrare, interpretare». È così che conosce Jane Bowles, Fleur Jaeggy, Elfriede Jelinek e Clarice Lispector. Quattro scrittrici profondamente diverse, ognuna nel suo modo - e nel suo mondo - coraggiosa, radicale. Incorreggibile. Con queste autrici guida Moretti s'impegna in un confronto continuo, sulla pagina e nella vita, le fa parlare in un dialogo impossibile ma reale grazie al potere della letteratura. Mescolando sapientemente memoir e critica, il racconto di queste straordinarie figure femminili diventa così un modo per comprendere meglio la propria storia e il proprio presente.