Piero Manzoni, artista noto per l'eccezionale creatività leonardesca che lo porta ad esprimersi con opere catalogabili come idee e non come oggetti, e con gesti spiazzanti che vanno oltre la pittura e la scultura, sin dai tempi del liceo dimostrò di possedere una dimensione intellettuale ancora oggi da scoprire e venuta alla luce anche grazie a un testo politico-filosofico (mai pubblicato prima in volume) dal titolo "L'economia del carnefice", scritto quando a Milano frequentava il liceo presso l'Istituto Leone XIII, la scuola della Compagnia di Gesù. Oltre ai divertimenti tipici del giovane scapigliato, il liceale Manzoni si impegna nel volontariato e si entusiasma per la politica, intesa però come momento di riflessione culturale e filosofica. Redattore del bollettino del Leone XIII, "Giovinezza nostra", Manzoni aderisce ai G.P.S. (Gruppi di Preparazione Sociale), strutture degli istituti di istruzione cattolica che avevano dato vita ad una sorta di movimento studentesco impegnato nel sociale. Collabora alla rivista gipiessina "Gioventù Sociale", dove pubblica "L'economia del carnefice": un'analisi ponderata sull'essenza totalitaristica del Socialismo e sugli errori dell'economia pianificata. Le parole di Manzoni scatenano una polemica tra i gipiessini alla quale lo stesso replica con intelligenza ricordando che le vittime dei roghi medievali, dei campi di concentramento, dei lavori forzati e delle ingiustizie sociali, sono «conseguenza delle leggi degli uomini e non delle leggi dell'economia». L'impegno politico sui generis di Piero ha la durata di un lampo, e in seguito, senza mai identificarsi in uno schieramento, da artista evoca la liberazione dell'Arte in nome di una rinnovata "etica di vita collettiva".