Nel XII secolo Ildegarda di Bingen aveva già visto tutto - le fiamme divampare in ogni dove, l'atmosfera diventare rovente, i mari innalzarsi, la peste infuriare - traducendo poi le sue visioni in una Lingua Ignota in cui profezia e afasia, visione e aberrazione, diventano indistinguibili. Ed è con questa voce che Huw Lemmey - uno degli autori più importanti nel panorama radicale e LGBTQIA+ anglosassone- intesse la propria, in una polifonia che conflagra i secoli in istanti. La sua prosa allucinata e poetica ci sprofonda nell'abisso della viriditas di Ildegarda - un'ecologia materialista, al contempo maestosa e terrificante. La pestilenza diventa epidemia, e attraverso la voce di Ildegarda, Lemmey svela l'errore al cuore della nostra ossessione per l'apocalisse: la fine dei tempi non sospende il quotidiano, lo infetta, e rivela ciò che è sempre stato: ininterrotto orrore. Ma è proprio grazie alle ferite incise dalla Lingua Ignota nella stasi del presente che possiamo riscoprire «l'impulso al cambiamento, a inventare le cose, a rifarle» che è dentro di noi.