Tra il 1798 e il 1802, anni cruciali, per lui, per l'Italia e per l'Europa, Foscolo esprime una notevole creatività intellettuale, pur essendo impegnato in una intensa attività politica e militare: dopo la prima interrotta stesura dell'Ortis (cosiddetto bolognese) riesce a portarne a compimento la prima edizione completa (1802), pubblica l'Orazione a Bonaparte e i primi otto sonetti che, insieme all'Ode a Luigia Pallavicini caduta da cavallo, costituiscono la struttura portante del suo piccolo e importante canzoniere (Poesie di Ugo Foscolo, 1803). Proprio in quello stesso arco di tempo lo scrittore è impegnato nella ricerca parallela di un'altra possibile strada narrativa, a cominciare dalla scrittura del Sesto tomo dell'Io. Un titolo bizzarro, dovuto a un editore moderno, sulla base di un'indicazione di Foscolo stesso nel suo Avvertimento, che sottolinea l'aspetto autobiografico ma vuole anche subito attirare l'attenzione sul dato spiazzante: si comincia dal sesto volume, unico esistente, che riguarda un solo anno di vita del protagonista/autore. Uno straordinario percorso alla ricerca di una lingua e di uno stile per una prosa moderna, per un soggetto moderno, nel quale Foscolo ci lascia sentieri interrotti e poi ripresi, tentativi falliti, perle straordinarie di pensiero e di scrittura. Chi legge troverà continui echi della nostra tradizione, ma anche straordinarie anticipazioni. La ricerca di una scrittura ironica che affonda le radici nella grande tradizione classica, una scrittura morale che vuole ridere del mondo a partire da una assoluta disillusione e, pur nella consapevolezza del non senso, insegna a ridere guardando in faccia la morte. Un patrimonio che per moltissimo tempo è stato ignorato o misconosciuto.