C'è una leggenda che ricorda il tempo in cui le fate di due terre confinanti s'incontravano all'alba in una verde conca ai piedi di un monte. Al tocco dei loro passi, il prato si copriva di fiori. Fate italiane e fate gemaniche. Tutte vestite di bianco, sorridenti, complici. Poi non più. Le fate italiane, spaurite, stanno nascoste dietro le pietraie, quelle di Germania, sedute al confine, vestite di nero, piangono l'antica amicizia perduta. Anche così si può parlare di guerra e di desiderio di amicizia tra i popoli. Lo ha fatto Caterina Percoto attingendo al folclore. La sua voce viene da un sito eccentrico dell'Italia divisa negli anni del Risorgimento: il Friuli, che restò asburgico per gran parte della sua vita. Scrisse articoli e novelle che sarebbe riduttivo confinare nei limiti della novellistica campagnola. I temi suscitati dai suoi racconti sono le ingiustizie sociali, presentate con pacatezza ma con grande nettezza; le eterne problematiche femminili con le loro incertezze, contradditorietà e verità; i rapporti con gli altri - fraternità, guerra, competizione, solidarietà - dalla famiglia fino alle relazioni tra stati. Temi che non hanno confini di regione o di tempo.