C'è un aspetto non secondario nel panorama europeo contemporaneo che va frantumandosi: il cibo. Da quasi trent'anni l'Unione europea adotta una politica unica al mondo per proteggere le proprie specialità, ma i motivi sono decisamente cambiati nel tempo. All'inizio si trattava di una misura necessaria a evitare la frammentazione del quadro continentale, a prevenire la corsa di ogni Paese a stabilire le proprie regole. Poi il cibo è diventato un tassello fondamentale della nuova identità nazionale: quella che non è fatta per comporsi in un mosaico di diversità ma per contrapporsi ad altri identikit, veri o inventati, con il solo scopo di affermare la propria petite patrie. Questo libro propone una rilettura critica dell'Europa contemporanea alla luce delle problematiche legate all'integrazione e al dilagare di fenomeni populisti e nazionalisti. Gli autori evidenziano i limiti che ostacolano la costruzione di un'identità europea comune, suggerendo un approccio differente al concetto di origine per un decisivo cambio di paradigma. Perché, quando parliamo del nostro cibo, dovremmo sempre ricordare che l'aggettivo non è possessivo.