Isabella Ducrot, in queste pagine, rievoca tre condizioni fondamentali a cui ha voluto dare voce: l'essere donna, l'infanzia, e - più importante di tutte - quella che chiama «ignoranza». Sono tre esperienze di emarginazione, spesso intrecciate nella nostra cultura, che vengono qui interrogate in una prospettiva personale. Mescolando riflessioni, brevi racconti e memorie autobiografiche, Isabella Ducrot vuole mostrare come lo stato di inconsapevolezza infantile, o la millenaria esclusione delle donne da ogni tipo di discorso culturale e sociale non siano soltanto esperienze di estraneità, di sofferta privazione della parola, ma possano rappresentare anche una condizione inedita e privilegiata di accesso alla parola. Se si vogliono intendere gli arcani di un dogma teologico, sembra suggerire l'autrice, bisogna essere capaci di sillabarlo come fosse una filastrocca, assaporandone l'insensatezza. «Non c'è domani, non c'è domani», è sussurrato alla fine di queste riflessioni. Proprio questa consapevolezza sembra schiudere, all'autrice, un'irresistibile felicità.