La ricerca sulle strategie traduttologiche di Enrico Piceni negli anni Trenta si inserisce in quel filone di recenti studi critici portati avanti in ambito internazionale che intende far luce sulle ombre che ancora avvolgono la sfera culturale fascista, trascurata dalla critica postbellica e oggetto privilegiato di studio negli ultimi decenni. Il quadro che sta emergendo appare molto più frastagliato di quanto si potesse immaginare all'indomani della Liberazione e si è ormai concordi nel sostenere che, da un iniziale disinteressamento del regime per le potenzialità eversive di libri e traduzioni, si giunse a una progressiva ingerenza nella questione, ma con una censura arbitraria e tardiva, permeabile all'ingresso di opere straniere.