La filosofia italiana è viva e vegeta. A testimoniarlo è il successo internazionale di cui gode ciò che è stato definito Italian Thought. Ma che cosa rende il pensiero italiano così apprezzato e studiato all'estero? Vi è qualcosa che accomuna, pur nella loro differenza tematica, i protagonisti della filosofia italiana e che permette di individuare un fil rouge - da Dante a Vico, da Machiavelli a Gramsci -, senza che per questo si debba parlare di una tradizione nazionale unitaria? E che cosa vuol dire ripensare tale tradizione? È possibile farlo in modo non descrittivo-ricostruttivo? Ossia in modo tale da evitare quell'approccio "museale" volto solo a conservarne il glorioso passato, adottando invece un'altra prospettiva tesa a ripensarla, rivitalizzarla e renderla operativa nell'attualità? L'obiettivo del presente saggio è quello di rispondere ai suddetti interrogativi, mostrando come alcuni dei principali interpreti del pensiero italiano - da Spaventa a Gentile fino a Garin e Esposito - si rivolgano al patrimonio filosofico che ci precede individuando le caratteristiche distintive della tradizione nazionale con l'intento di renderle operanti e funzionali al proprio tempo.