Scritto da Cioran nella sua lingua materna tra il 1941 e il '44, dovranno passare circa trent'anni perché il testo veda la luce, prima in romeno e poi in francese. Settanta divagazioni di diversa lunghezza, una sorta di vetrino da microscopio che consente di cogliere il momento di trapasso fra il "più straniero fra gli stranieri di Parigi" - come l'autore medesimo si definiva - e la nuova identità nata al contatto con una cultura che ha influenzato a fondo quella romena pur essendone sideralmente lontana. Da questo vero e proprio "innesto" scaturisce un ibrido straordinario, capace di rinserrare nelle lucide formulazioni del francese la scomposta effusione lavica delle sue mai del tutto rinnegate vene balcaniche.