Alla vecchiaia comunemente si pensa come a una stagione di triste declino, d'immobilità, di giorni vuoti. Oppure, oggi più che mai, come a un'età in cui ancora tutto è possibile, in un prolungamento indefinito della giovinezza. Ma non appena laceriamo il velo dei tabù e dei luoghi comuni, l'«età grande» spalanca davanti a noi paesaggi inesplorati. Nel suo nuovo libro Gabriella Caramore fa esattamente questo: risponde all'esigenza di spingere lo sguardo tra le fenditure del tempo, ponendosi in ascolto «della propria carne e del proprio sentire». Senza cedere a nessuna nostalgia, apre il suo cuore al passato, ricorda i turbamenti e gli affetti dell'infanzia e della giovinezza, contempla il panorama delle cose perdute. Ma soprattutto guarda nascere nel presente un desiderio inaspettato: il bisogno di sentirsi vivi, proprio quando ormai s'insinua la consapevolezza della fine. Pur senza rinunciare alle asprezze e ai dubbi del pensiero, le sue riflessioni danno forma a pagine delicate e intense, illuminate da una grazia che incanta. Nel ripercorrere gli snodi di un cammino profondamente umano, e per questo esemplare, "L'età grande" prova così a riscoprire il senso più autentico della nostra vita.