L'atleta come merce da comprare o vendere per realizzare una "plusvalenza" e l'atleta come macchina, dalla quale ci si aspetta il massimo rendimento possibile. È in queste due metafore che affonda le radici il fenomeno noto a livello internazionale come football trafficking, definizione che comprende sia i casi di tratta che di traffico di esseri umani nel calcio. Il problema, che riguarda migliaia di giovani originari di zone economicamente povere, è diffuso anche in altri sport. La narrativa che va per la maggiore attribuisce le colpe a sedicenti agenti e intermediari, i quali sfruttano a proprio vantaggio l'ingenuità di giovani che nello sport intravvedono la loro unica possibilità di mobilità sociale e di realizzazione. La realtà è però ben più complessa, con responsabilità condivise da tutti gli attori del sistema: club, mezzi di informazione, federazioni e istituzioni politiche nazionali e internazionali e, talvolta, le famiglie stesse dei ragazzi coinvolti.