Il soggetto privilegiato della fotografia di Marina Ballo Charmet è il «sempre visto», ciò che rimane sulla soglia della percezione, il fuori-fuoco in cui traspare «il rumore di fondo della nostra mente». Per far affiorare questa dimensione occorre allora guardare il mondo «con la coda dell'occhio», incorporando allo sguardo la distrazione, la latenza, la multivocità dell'esperienza quotidiana. Accompagnare le immagini con la scrittura è stata una costante necessità dell'autrice lungo tutto l'arco del suo percorso. Dialogare a distanza con gli autori e i fotografi prediletti (come Gabriele Basilico e Lewis Baltz), appuntare pensieri, redigere diari di lavoro, chiarire retroterra teorici e scoprire affinità d'ispirazione (ad esempio con Robert Adams, Raoul Hausmann, Timothy O'Sullivan) si rivelano così momenti integranti della sua pratica creativa. Disposti seguendo un ordinamento insieme tematico e cronologico, i testi illuminano anche la relazione tra lavoro con le immagini e lavoro psicoterapeutico, visti entrambi come processi basati su «una particolare relazione di ascolto con il mondo o il paesaggio esterno, di sorpresa verso cose che sembrano non avere un senso particolare». Questo libro offre una riflessione sulla fotografia come strumento di conoscenza e come mezzo di esperienza che attiva l'inconscio. Il volume, a cura di Stefano Chiodi, è accompagnato da una conversazione di Jean-François Chevrier con l'autrice.