«Quell'ammassare in se stesso senza uso le dottrine de' libri è un vizio tanto peggiore dell'avarizia, quanto che un dotto capo in morte non benefica i posteri com'un erario colmo. Sia dunque il mio albergo in avvenire un'erudita palestra delle vostre menti; e se le lettere furon parti in voi d'un industriosa fatica, non vi venga umore di dar loro entro un neghittosio ozio la tomba». Con queste parole Antonio Abati introduceva le sue "Frascherie", trattatello semiserio dedicato alla storia e alle forme della satira, edito del 1651 e ristampato ben sette volte nei trent'anni successivi. In omaggio alla nobile concezione della ricerca intellettuale, peraltro rivolta a un genere tutt'altro che accomodante come quello satirico, il presente volume si propone di favorire il recupero del profilo biografico e del lascito poetico dell'Abati, nel quadro di una più ampia riscoperta del Seicento letterario italiano.