Questo lavoro scaturisce spontaneo dal computer dell'autore, a seguito delle sue reazioni alle opposizioni per l'uso dei vaccini per combattere l'epidemia del virus Covid-19 (ora Omicrom) e alle persistenti resistenze alla diffusione dei metodi di intelligenza artificiale nella vita del Paese. Dopo un breve excursus storico dei mutamenti intervenuti nella metodologia per condurre una ricerca scientifica, esaminando i metodi induttivo, deduttivo e misto, l'autore tenta di rispondere a due quesiti: se il progresso scientifico e tecnologico può essere arrestato e se esso migliora la condizione umana. Il risultato a cui giunge è che il progresso può essere ritardato, ma non arrestato e che esso ha mostrato una relazione positiva con il benessere dell'umanità. Riconosce però che ogni innovazione comporta un mutamento nei comportamenti individuali e negli equilibri sociali, tra Stati e tra mercati, con riflessi profondi sulle politiche nazionali e globale non facili da quantificare. Non nasconde che i costi di adattamento per i cittadini possono essere elevati, data la rapidità e l'intensità con cui si susseguono le innovazioni tecnologiche, con effetti socio-politici più radicali di quelli osservati in passato. Il lavoro conclude sostenendo che il benessere delle popolazioni assumerà dimensioni inversamente proporzionali ai tempi che richiederà l'accettazione del progresso tecnologico nella vita degli individui e delle società di loro appartenenza. Le inevitabili diversità degli effetti che si manifesteranno non devono essere considerate argomenti contrari al progresso, ma indurre a rafforzare l'educazione e la formazione dei cittadini per aiutarli a coglierne più rapidamente i benefici.