L'antisemitismo non è mai stato davvero superato: può rimanere latente per anni e poi esplodere in maniera violenta e devastante. Quella dell'odio antisemita è una storia antica che, nel tempo, ha subito delle evoluzioni, prendendo forme nuove e subdole. Stereotipi del passato, difficilissimi da sradicare, hanno trovato, nel presente, canali di amplificazione sempre più potenti. I social media fanno oggi da cassa di risonanza per tutti i tipi di ostilità e gli ebrei sono tornati a essere nel mirino dei complottisti nelle accezioni più fantasiose: untori, avvelenatori di pozzi, membri di un'élite mondialista, plutocrati che tramano nell'ombra. Il nemico ideale, l'ebreo, è il collega, l'amico, il vicino di casa "certamente ricco", "che non si sente italiano", che sposa un altro ebreo "perché stanno sempre tra di loro", che suscita odio "perché sono tutti intelligenti", che non ha il passaporto italiano ma quello israeliano. E l'elenco potrebbe essere più lungo. Ancora oggi essere ebreo è molto difficile e la complessità di questa "condizione" genera spesso una ritrosia nell'ebreo stesso, spinge a una comunicazione volta alla sola "difesa", a una chiusura e a una scarsa narrazione di sé stessi che rischia di alimentare il pregiudizio, in una sorta di cortocircuito. Mai come ora, la conoscenza del fenomeno a partire dai fatti rappresenta un punto di partenza necessario per scandagliare le origini di una questione quanto mai attuale.