Oggi l'omelia è un messaggio a rischio, un discorso pubblico che perde consensi. Fare la morale oltre che perdente è antievangelico, e la sola dottrina non è in grado di nutrire la vita cristiana. Il contesto fortemente mediatizzato, poi, ci ha resi uditori insieme distratti e raffinati, soggetti a una vera e propria mutazione antropologica: comunicare è prima di tutto incontro (essere-con) e scambio. Papa Francesco, nella Evangelii gaudium, scrive: "Rinnoviamo la nostra fiducia nella predicazione, che si fonda sulla convinzione che è Dio che desidera raggiungere gli altri attraverso il predicatore" (n. 136). Un invito a chiarire il "come" e soprattutto il "Chi" dell'omelia. E per i francescani a chiedersi che cosa significhi oggi "annunciare ai fedeli i vizi e le virtù, la pena e la gloria con brevità di discorso" (Regola bollata IX). Una Chiesa in uscita non può non ripensare il proprio linguaggio e stile comunicativo.