Don Marcello Stanzione, uno dei massimi angelologi della Chiesa cattolica, ci dice come gli esseri umani, imitando le virtù degli angeli, possano conseguire già su questa terra quella felicità che ogni cuore desidera e che sperimenterà completamente e totalmente solo nell'aldilà. Quando la Tradizione cattolica parla di vita angelica, considera soprattutto la funzione di lode che svolgono gli spiriti celesti. In realtà l'imitazione della vita angelica implica, nella Tradizione dei Padri, oltre la lode e la contemplazione, l'ascetismo, la castità e tutte le virtù che avvicinano l'uomo alla purezza degli angeli. Però «vita angelica» non è sinonimo di «angelismo». Non si tratta di sopprimere, dimenticare o disprezzare il corpo in quanto tale, bensì di dominare e purificare una carne macchiata e viziata dal peccato. L'uomo non cambia per natura; non si propone di raggiungere la condizione naturale degli spiriti puri, ma di arrivare al coronamento di una salvezza in cui l'uomo e l'angelo sono uguali al cospetto di Dio. Non è quindi la natura, bensì la vocazione degli angeli quello che ci si propone come ideale cristiano: una vocazione di purezza, di santità, di stare con Dio, di vederlo, di contemplarlo, di servirlo, di lodarlo come pure di amare e servire il prossimo. Solo nel Paradiso la vita angelica degli uomini troverà la sua piena realizzazione; però già adesso, in questo mondo, è possibile imitarla. E la Tradizione l'ha vista inizialmente incarnata specialmente nei Profeti, nei Padri e nelle Madri del deserto, nelle vergini consacrate, negli asceti, nei monaci e quindi in tutti gli uomini di buona volontà.