Era il 5 maggio del 1945, avevo ventun'anni e qualche mese, venivo fuori da un capannone brulicante di pidocchi e avevo già il tifo, che mi ero preso negli ultimi giorni nel campo di concentramento. Mi è stata salvata la pelle, non so perché. Attraverso percezioni improvvise, stupefazioni, commozioni brutali, gli succederà di sfuggire a questa vita umana impastata di morte vivente passando, nel bruciare di tutte le sue fibre, dall'altra parte. Ciò che a Satprem qui preme trasmetterci è un "miracolo" strappato alla materia stessa del corpo e come quel prodigioso "nuovo sole" sia al di là d'ogni possibile parola.