In bilico sugli "orli della vita", l'uomo contemporaneo ha sempre di fronte a sé la consapevolezza del male, il peccato originale che continuamente apre all'invisibile, fa "vaporare i fantasmi" (Pirandello). Ma è proprio da tale condizione precaria che si innalzano lo sciame dei pensieri dove albergano le possibilità di salvezza: il sogno, la poesia, la visione. Questo lavoro di Giuliana Fabris - saggio e narrazione allo stesso tempo - si muove tra l'universalità del male e la concretezza del dolore, con la certezza che affrontare il peccato originale significhi porsi la domanda, il perché dell'esistenza, cui ognuno deve rispondere individualmente. Non abbiamo che le parole per ordinare il mondo e provare a capirlo, per questo motivo "Peccato originale" cerca di trovare un varco a partire dalle parole degli altri: dalla ragazza costretta a vendersi per strada che si "sentiva un animale", al "cosa mi avete fatto" della principessina Lise di Tolstoj, assieme al "non torna conto far così male ad una povera creatura" della Lucia manzoniana, fino all'help me di Regan, la ragazzina posseduta dell'Esorcista.