Giovanni Paolo II ha voluto con questo scritto mettersi "sulla strada di quel fecondo colloquio della Chiesa con gli artisti, che in duemila anni di storia non si è mai interrotto, e si prospetta ancora ricco di futuro alle soglie del terzo millennio". "In realtà, si tratta di un dialogo non dettato solamente da circostanze storiche o da motivi funzionali, ma radicato nell'essenza stessa sia dell' esperienza religiosa sia della creazione artistica".