Tra i fronti su cui si è impegnata con maggiore intensità la riflessione condotta dalla teologia cattolica nel periodo successivo al Vaticano II, in primo piano si trova l'elaborazione di un'antropologia cristiana unitaria e coerente, in grado di superare la frammentazione dei discorsi e delle prospettive ereditata dalla teologia dei manuali. Nello sforzo di rispondere a tale esigenza si sono percorse vie diverse, molte delle quali, considerate a distanza, rivelano limiti evidenti, dovuti sia alla mancanza di una tradizione consolidata, sia alla disparità dei riferimenti culturali assunti di volta in volta come termine di confronto. Nel panorama teologico attuale il trattato di antropologia di F.G. Brambilla può essere considerato il frutto maturo di una riflessione che, con piena consapevolezza dei problemi posti dalla riflessione sull'origine, sull'esistenza e sul destino dell'uomo, propone una sintesi sistematica organica e coerente. L'opera si caratterizza per un'attenta considerazione degli interrogativi e dei contributi che alla teologia vengono dalla cultura, dal sapere filosofico e dalle scienze. Al tempo stesso, è organizzata secondo una sistematica rigorosamente teologica attorno al tema centrale della vocazione dell'uomo alla conformità a Cristo, realizzata mediante lo Spirito. Entro questo quadro sono ripresi e approfonditi i temi biblici e i passaggi più significativi della storia della teologia e del dogma. L'intero percorso fa emergere come figura sintetica dell'antropologia cristiana l'uomo spirituale, così come è descritto dalla testimonianza biblica e attestato da due millenni di storia della fede, un tempo «in cui si è custodita, spesso tra interminabili controversie e durissimi scontri, la possibilità dell'esistenza cristiana come evento dello Spirito e della vita fraterna come sequela di Gesù» (dal Prologo).