Terminato il concilio Vaticano II (1962-1965) e avviata la riforma liturgica in lingua volgare, il moralista Bernhard Häring auspicava la revisione radicale del sacramento della penitenza (la "confessione") rinunciando a «determinare con esattezza cosa sia un peccato mortale» e proponendo la celebrazione eucaristica come il luogo privilegiato della remissione dei peccati che «permetterà a tutti i cristiani di buona volontà l'accesso alla comunione». L'autore di questo saggio riprende la proposta coraggiosa e disattesa del grande teologo tedesco e ne mostra la legittimità e coerenza, sia alla luce di una originale reinterpretazione del dato biblico e teologico, sia attraverso la rilettura critica della plurisecolare prassi ecclesiale relativa al sacramento del perdono. È forse questo, fra tutti i sacramenti della chiesa, quello che - più di ogni altro - attende ancora di essere ripensato nel suo senso teologico e antropologico più autentico.