La terra bresciana è colpita, fra il XV e il XVI secolo, da gravi crisi demonopatiche. Fra il Mella e il Tonale si sviluppa uno dei maggiori epicentri stregoneschi d'Europa. I bresciani tremano all'idea del demonio. Città e paesi vivono inqieti in una luce obliqua e crepuscolare, interpretando ansiosamente mille presagi infausti. Madonne lacrimanti e tempeste di ghiaccio, esplosioni di torri e invasioni di cavallette, guerre e saccheggi d'armati, sussurri di monache ispirate e truci prediche lasciano intendere che i "tempi fausti"sono finiti. Si dice che uomini e donne contrari alla dottrina della Chiesa si riuniscano nei boschetti a "foter e a balar" e che fra costoro si nascondano gli stessi sacerdoti. Si avviano i processi e anche il clero viene chiamato in causa. I parroci, portati alla sbarra confessano "de plano" (cioè spontaneamente, senza tortura) i peccati carnali. E così fanno le presunte streghe. I domenicani e la Serenissima ingaggiano un poderoso braccio di ferro per contendersi la supremazia del giudizio, tanto che l'esperienza bresciana porterà alla sigla di un concordato in materia inquisitoria.