Torna l'Oratorio estivo. E che Dio lo benedica. Tutte le volte è come buttarsi in mare senza saper nuotare. È sempre uguale. Ed è sempre diverso e nuovo. Sappiamo a memoria come si fa. Ed ogni volta ci scopriamo dilettanti che hanno bisogno di imparare tutto daccapo. Realtà straordinaria, l'oratorio: che quando funziona ci spiazza e ci disorienta. Realtà prodigiosa poter stare - oggi - accanto a dei ragazzi e a degli adolescenti che con la loro alterità ci destabilizzano. L'oratorio appartiene a chi si lascia sorprendere e destabilizzare. L'oratorio appartiene ai cuori inquieti. Cura. È la parola chiave. Che apre e che chiude. Apre al senso. Chiude per custodire nelle fibre profonde della memoria l'amore ricevuto e donato, i sorrisi, il tempo, la fatica, l'entusiasmo. Apre al senso e non chiude in pareggio. L'ultimo giorno dell'oratorio è dedicato alla celebrazione della sproporzione: tra il donato e il ricevuto, tra le aspettative e lo sperimentato, tra l'entusiasmo che ti lancia e il limite che ti fa chiedere aiuto. L'oratorio appartiene ai cultori della sproporzione e del debito. Che cosa significa essere prossimi, vicini agli altri? La parabola del Buon Samaritano dà la risposta che è la risposta del Signore Gesù che per primo si prende cura di tutti, dell'umanità intera, donando se stesso, facendosi dono per gli altri: è Lui il primo Tu che si dà X Tutti! Sarà dunque un'estate in cui imitare Gesù che si fa dono per tutti, in cui, avendo accettato di seguirlo, cerchiamo di rispondere personalmente alla domanda: «e chi è mio prossimo?»