Il desiderio investe l'nterà nostra esistenza. Con lo scorrere degli anni possono cambiare i contenuti, ma non l'impulso a desiderare. Il desiderio poggia sulla memoria del passato, ma è soprattutto tensione verso il futuro. Esso palesa un volto variegato, ambiguo e talvolta addirittura tragico. Espone all'esperienza della presenza e dell'assenza, della vicinanza e della distanza, della fusionalità e della separatezza. Può essere espressione di arricchimento o di espropriazione, di dominio o di sottomissione, di dono o di ricerca di qualcosa che manca, di autonomia o di dipendenza, di intimità o di isolamento, di riconoscimento o di alienazione, di narcisismo o di reciprocità, di amore o di odio, di vita o di morte. L'essenza dell'essere umano la si coglie solo percorrendo gli itinerari inconsci del desiderio. Essi rivelano le ragioni profonde del nostro vivere e del vivere degli altri; tracciano il profilo del «chi sono io» e, allo stesso tempo, del «chi è l'altro». Nell'essere desideranti e desiderati vi è racchiusa sia la nostra grandezza sia il nostro limite. Il desiderio può essere bloccato, ma non azzerato. Se rimosso, aggira la barriera della censura e attua la sua epifania per vie traverse, mascherate: i sogni e i sintomi. Se smarrito, può essere ritrovato nell'incontro tra lo psicoanalista e il paziente. Ma nella nostra società postmoderna, segnata dal nuovo disagio della civiltà, qual è il volto del desiderio?