Quando si intende acquistare un giocattolo, il primo aspetto che si tiene in considerazione, di norma, oltre all'età del bambino, è il sesso dello stesso: "Si tratta di un gioco da maschio, da femmine o da tutti e due?". La produzione di giochi e giocattoli presente sul mercato è, infatti, assai differenziata, come si può constatare anche semplicemente osservando la disposizione dei giocattoli nelle vetrine dei negozi specializzati e negli scaffali dei grandi magazzini, ma anche le pubblicità che intervallano sistematicamente la proiezione di programmi per l'infanzia. Bambole, passeggini, trucchi... popolano gli spazi rivolti alle bambine; mentre macchinine, supereroi, armi giocattolo... occupano quelli maschili. Si tratta di una differenziazione considerata assolutamente normale e auspicabile, perché rispecchia ruoli e qualità classicamente attribuiti a maschi e femmine. Le difficoltà emergono nel momento in cui le trasformazioni delle figure maschili e femminili nella società sono tali da entrare in conflitto con i valori trasmessi da tali giocattoli. Diventa difficile, per esempio, continuare a sostenere l'importanza che un maschio non giochi con il bambolotto in una società, come quella attuale, in cui i padri sempre più assumono comportamenti di cura nei confronti dei propri figli. Di fronte a tale realtà nascono una serie di interrogativi a livello educativo a cui il testo tenta di dare alcune linee di risposta attraverso un'analisi del gioco differenziato per genere nel tempo, una ricognizione della letteratura di ricerca e un'indagine su un ampio campione piemontese.