L'esperienza anoressica è accompagnata nel suo pieno costituirsi da una devastante trasformazione psicopatologica. L'atto di mangiare o di non mangiare ed il cibo stesso non diventano solo strumenti di arbitrio sulla vita vegetativa, di ipercontrollo dell'incontrollabile, di attacco alla relazione, ma altresì luogo di cruciale cambiamento di statuto dell'identità. Interdire l'arrivo del cibo o promuoverne la fuoriuscita dal corpo, può aprire la via ad una identità nuova, abnorme per gli altri, ma più forte per la persona coinvolta. Tuttavia un guadagno adattivo realizzato col totale sacrificio del corpo, ha in sé la propria fine, o una 'morte parziale', accelerata da ogni nuova crisi. L'aspetto 'maledetto' si ricollega ai poteri distruttivi della parola, del vedere ed essere visti, dell'impurità, che conducono a perdersi in una sofferenza senza fine, accompagnata da una identità disincarnata ed infine incorporea. Oggi nell'approccio multidisciplinare integrato, i saperi psichiatrico e psicopatologico recano un deciso contributo di comprensione e sostegno alle ragazze coinvolte, che si percepiscono in un contesto non più reversibile, oppure ritirate nella loro 'no-entry syndrome'. L'elemento psicoterapico potrà condurre poi a riconoscere la propria 'lack of identity', a ripristinare la capacità di pensare, a riconciliarsi col corpo come tappa di un cammino interiore. Prefazione di Bruno Callieri.